Parla con fermezza Nicola Canonico, numero uno del Foggia, in un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno. Nessuna apertura, nessun ripensamento: il legame con il club rossonero sembra definitivamente spezzato.
Presidente, possiamo davvero dire che la sua esperienza alla guida del Foggia è terminata?
“Non pagherò gli stipendi. Peraltro non sono più presidente del club. La società ora fa riferimento a un amministratore unico, che è Michele Bitetto. Il Foggia per me è un capitolo chiuso”.
In passato, però, aveva già annunciato un disimpegno, salvo poi tornare sui suoi passi. Cosa rende diversa questa volta?
“Ho tutte le ragioni per esserlo. La cosa che mi fa impazzire è che da vittima si cerca di farmi passare per carnefice. Sono stanco di offese, minacce, insulti, intimidazioni. Voglio ricordare che c’è in corso un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Bari sulle intimidazioni che la mia famiglia e il club, giocatori inclusi, hanno subito negli anni scorsi. Stiamo parlando dell’ordigno trovato a pochi metri dall’automobile di mio figlio, dei colpi di pistola sparati contro la macchina di Di Pasquale, l’auto incendiata a Garattoni, le intimidazioni all’ex dg Milillo e al segretario Severo. È normale tutto questo? È calcio questo? Penso che si sia andati ben oltre, e sfido chiunque a dire il contrario. Per non parlare delle contestazioni che ho ricevuto”.
Quando parla di contestazioni, si riferisce alle critiche dei tifosi sui social o agli striscioni negli stadi?
“A tutto. Sono stato persino raffigurato con la faccia di un maiale. Non ne parliamo di quello che ho letto in questi anni sui social. Attacchi continui in cui si augurava il peggio a me e alla mia famiglia. Frasi del tipo “Devi morire”. Non è possibile vivere lo sport e il calcio in questo modo. Dal primo anno, io sono stato visto come il responsabile di ogni sconfitta e tutti gli altri come gli artefici delle vittorie. Alla fine anche la persona più paziente arriva a un punto di non ritorno. L’ambiente era diventato tossico”.
Qualche settimana fa aveva annunciato l’intenzione di programmare la nuova stagione, in assenza di offerte per il club. Cos’è cambiato nel frattempo
“Perché c’è un limite a tutto e arriva un momento in cui non ce la si fa più ad andare avanti. I miei quattro anni di presidenza, per tutto quello che ho subito, li reputo anche troppi. La tifoseria organizzata vuole che io vada via ed io sto esaudendo la sua richiesta”.
Se si guarda indietro, si dà qualche colpa nella gestione della società?
“Ho sbagliato alcune scelte. Ma non sono io che alleno o vado in campo. Nel calcio ci può stare di sbagliare ma non è ammissibile che agli errori si risponda con minacce e intimidazioni”.
Il club adesso rischia grosso: stipendi e contributi non pagati possono portare a penalizzazioni e addirittura a un doppio declassamento. Cosa risponde a chi teme il peggio per il futuro del Foggia?
“Non è un tema di cui devo preoccuparmi io. Ho detto che sono disposto a cedere il club, di certo non lo regalo. Ma vedo disinteresse da parte dell’imprenditoria locale. Mi sembra che del destino del Foggia non interessi al tessuto produttivo del territorio. Chiedo 6 milioni per cedere il club incluso la debitoria e le spettanze economiche della stagione in corso e si dice che è troppo? Bene, ma il problema è che non mi è arrivata nessuna proposta, nemmeno al ribasso. Non c’è neanche la possibilità di trattare perché nessuno si fa avanti. Almeno finora questo è il quadro. Gli sponsor del club si sono fatti pubblicità finanziando la trasferta di Crotone: 2.800 euro in cinque… Nessuno si è proposto per farsi carico della scadenza di oggi legata a stipendi e contributi, che ammonta a meno di 300mila euro”.
Fonte – Tuttomercatoweb.com